Slovenia e Nord Croazia

Salve amici! Stavolta un piccolo viaggio in Slovenia e nord Croazia, in particolare nella zona dell’Istria.

 

Prima tappa Zagabria, la capitale della Croazia.
Il tetto piastrellato della chiesa di San Marco con gli stemmi di Zagabria e dell’ex regno Croazia-Dalmazia-Slavonia.
Molti edifici di Zagabria sono ancora oggi inagibili per via del terremoto del 2020.

 

Nel centro di Zagabria c’è una vivacissima vita notturna.

 

Lubiana, la tranquilla e rilassante capitale della Slovenia.

 

Il posto più interessante dove trascorrere la sera è sicuramente il Centro Sociale Metelkova, uno squat creato all’interno di ex caserme. E’ il principale punto di incontro degli artisti alternativi sloveni che lo hanno abbellito con graffiti e opere d’arte.
Dove c’è Anarchia, c’è bellezza.

 

Canestro EZNL.

 

Il lago Bled, uno dei posti più piacevoli della Slovenia. E’ circondato da verdi colline e un castello. Nel bel mezzo c’è un’isoletta con una chiesa.

 

Pescatrice sul lago Bled. Sullo sfondo la chiesa sull’isoletta.

 

Specchio delle mie brame.

 

La piazza centrale di Capodistria (Koper in sloveno). Da qui inizio il tratto di viaggio nell’Istria, andando verso sud. In linea di massima si tratta di cittadine sul mare dove spicca soprattutto l’architettura veneziana, ma si intravedono anche resti romani ed edifici austro-ungarici. Una piacevole sorpresa è che capiscono più l’italiano che l’inglese. Da parte mia, delle astruse lingue slave ho imparato solo una parola: pivo. E basta e avanza.

 

Veduta di Pirano.

 

Architettura veneziana nella piazza centrale di Pirano.

 

Chiesa e campanile a Izola (in italiano Isola). Oggi, come anche Capodistria, non è più un’isola.

 

Di nuovo in Croazia, a Parenzo (Porec in croato).
Lo straordinario mosaico bizantino nella Basilica Eufrasiana, fondata già nel IV secolo.

 

Rovigno (Rovinj in croato), una delle più belle città dell’Istria.

 

Colonne romane a Rovigno.

 

Arco trionfale romano, all’entrata della città vecchia di Pola (in croato Pula).

 

L’anfiteatro romano di Pola.

 

Un gatto passeggia sulle strade acciottolate di Krk (Veglia in italiano), la cittadina principale dell’omonima isola.

 

L’orologio nella piazzetta di Krk.

 

A Fiume, al momento temporaneamente chiamata con l’equivalente in lingua croata Rijeka, prima dell’imminente riconquista. In effetti non vi nascondo che il motivo della mia visita è stato una ricognizione finale per affinare gli ultimi dettagli prima dell’assalto. E diciamocelo che Fiume è e sarà sempre italiana!! Oooh.
Vabè perdonatemi questa piccola esaltazione meloniana-putiniana, sarà il caldo di questi giorni.

Ero curioso di vedere questa città soprattutto per la famosa ”impresa di Fiume”, che nasce come tentativo da parte di un gruppo di militi capeggiati da D’Annunzio per annetterla all’Italia (era contesa dal nascente stato jugoslavo) e fu occupata dal settembre 1919 al dicembre 1920.

Al seguito di D’Annunzio c’era un po’ di tutto, incluso fascisti, nazionalisti, gerarchi dell’esercito, ecc…, ma dovendo proprio appioppare un’etichetta politica alla variegata impresa di Fiume, è forse quella anarco-sindacalista. E in effetti la “Carta del Carnaro”, la costituzione data alla città durante l’occupazione, fu elaborata dall’anarco-sindacalista Alceste De Ambris e proclamava democrazia diretta, decentramento del potere, sovranità collettiva di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di classe e di religione, accoglienza per chiunque volesse vivere a Fiume, e così via. Non a caso l’unico stato estero che riconobbe la Reggenza del Carnaro fu l’Unione Sovietica.
Ma oltre alla costituzione, fu proprio l’esperienza che vissero i cittadini fiumani in quei mesi, grazie anche al grande afflusso di giovani, intellettuali e artisti, che può essere in generale definita anarchica, con una libertà di costumi eccezionale per l’epoca.
Fu forse anche questo uno dei motivi per cui alla fine paradossalmente fu proprio l’esercito italiano che ebbe il compito internazionale di ‘liberarla’ a suon di cannonate.

 

Per quelli della mia età, difficile trattenere lacrime di commozione di fronte ai cimeli del Museo del computer Peek&Poke.
In questa foto si intravede il Commodore 64 col videogioco del calcio e il Sinclair ZX Spectrum dai tasti gommosi. C’era anche il mitico VIC-20, il mio primo computer quando avevo 12 anni, e il Commodore 128, mio secondo computer (quest’ultimo in realtà è esposto anche nella mia casetta a Maleventum).

 

Mercato a Fiume.

 

Gatto affacciato su via Medulica di notte.

 

Temporale notturno.

 

Il Canal Grande a Trieste.
Per quanto mi ricordo è la prima volta che una città italiana entra in Dekaro Diario! Però senza allargarci troppo, Trieste è diventata definitivamente italiana solo nel 1954.

“Aè Dekà…emm fnut ké città italian… nu tiemp c facev veré post akellat part du munn, post k nun stann mank nkopp a mapp… e mò… Italia, Cipr, Albania, e k maronn…”

Eh, lo so ragazzi, forse è anche sintomo di un po’ di stanchezza senile che inizia ad affiorare. Però voglio farvi notare che siete voi quelli che mi hanno sempre fatto DUE PALLE così su quanto è più bella l’Italia, su come sia il paese più bello al mondo, su come non c’è davvero bisogno di andare all’estero, ecc… quindi ora vi guardate Trieste e non rompete. E se non state zitti la prossima volta vi faccio una puntata specifica su Avellino e Nocera Inferiore, e così vediamo.

Scherzi a parte, Trieste è una città splendida, nel cui centro si passeggia fra maestosi edifici dell’impero asburgico, case di ricchi mercanti e chiese, anche ortodosse.

 

Icona della Madonna su un muro.

 

Ed eccolo finalmente il nostro D’annunzio! Qui si è seduto affianco ad una ragazza, fingendo di leggere con aria solenne. Come sapete, il vate era un gran marpione ;-)
In realtà la ragazza si stava facendo fare questa cretinata di foto da una sua amica, e ne ho approfittato. Ma poco prima ero stato io a stimolarle l’ispirazione, avendo messo a tracollo del vate lo zainetto dell’azienda dove fatico, per una simpatica foto da mandare a colleghi ed ex colleghi. L’azienda che mi da il pane, anzi ooo paaaann (in napoletano suona più drammatico). Mamma mia che tristezza. Vate, non ti nascondo che il lavoro mi sta veramente mutilando il cazzo.

 

Controluce da Piazza Unità d’Italia.

 

Felice ritorno a Malta, nell’appartamento dove vivo al momento, con vista mare straordinaria!

 

Bene. Nel frattempo Dekaro Diario ha compiuto 10 anni! Era infatti il 2012 quando lo iniziai, in occasione di un lungo viaggio in Sud e Centro America. Credo quindi che sia giunto il momento di concludere questo blog. Farò un’ultima puntata a fine anno, già vi anticipo che si tratterà dell’Oman, e ci salutiamo. Non è escluso che farò un altro tipo di blog in futuro, prima dell’inevitabile dipartita, ma non lo so ancora. Staremo a vedere.