A Oaxaca, Mazunte, nel villaggio zapatista di Oventic, Campeche e Cancun

Salve cari lettori. Eccoci giunti alla penultima puntata. Il viaggio sta infatti quasi per concludersi. Mi trovo a Cancun, città molto turistica, da dove domani spiccherò il volo verso l’ultima tappa: la mitica Cuba!
Ricapitoliamo gli ultimi giorni. Da San Cristobal sono giunto a Oaxaca, città bellissima, dove mi sono incontrato con Ketty, amica beneventana, e il suo ragazzo Gianluca. Fra un mezcal e l’altro abbiamo visitato Monte Alban dove ci sono i resti della più importante città dei Toltechi. Dopodiché siamo andati a mare a Mazunte, un po’ a sud di Puerto Escondido. Non abbiamo fatto molti bagni perché il Pacifico, come sempre, era incazzatissimo, ma il dolce far niente del villaggio ci ha subito avvolto piacevolmente.
Nel villaggio affianco, San Agustin, c’erano onde ancora più alte (checché ne dicesse il Lonely Planet), spettacolari, di circa 3 metri, mentre sulla spiaggia di Zipolite pareva essere appena passato uno tzunami. In effetti, nei giorni precedenti, gli acquazzoni avevano fatti danni come non avveniva da anni.
Ritornato a San Cristobal con Ketty e Giuanluca, abbiamo visitato Oventic, un villaggio a quasi un’ora di strada, gestito dagli zapatisti. Piccolino, non c’era molto da vedere a parte splendidi murales su case in legno inneggianti all’ezln e alla rivoluzione.
Ci hanno accolto un po’ freddamente, anzi ad esser precisi non ci ha degnato della minima attenzione se si esclude la solita vecchietta inkazzata che, non amando farsi fotografare, voleva struppiarmi di mazzate. E non è certo questo il modo di ospitare un dekaro. Bertinotti è stato accolto dal subcomandante Marcos a cavallo, non voglio aggiungere altro.
Scherzi a parte pare che all’inizio, quando arrivavano solo pochi visitatori, era diverso e gli zapatisti erano contenti di dialogare e raccontare le loro ragioni, ma oggi, con decine di turisti al giorno è chiaro che si sono pure rotti un po’ le scatole a dover ripetere ogni giorno continuamente la stessa filastrocca noi siamo dell’esercito zapatista di liberazione nazionale… un giorno ci siamo piazzati su questi cacchio di monti e non siamo più scesi ecc… ecc…
Come li capisco, tipo quando torno da un lungo viaggio e all’inizio sono davvero felice e lusingato di raccontarlo, poi dopo una decina di volte un po’ meno… e alla fine i cosiddetti mi sono scesi fino alle ginocchia e oltre. E con questo intendete pure quello che dovete intendere per quando tornerò fra poco, cari amici concittadini. :-)
Quindi ho lasciato Ketty e Gianluca al loro destino, e per spezzare il viaggio dal Chiapas allo Yucatan mi sono fermato un giorno a Campeche, città molto ordinata, con case colorate, un bel lungomare, e mura e bastioni costruiti in seguito a innumerevoli attacchi pirata.
E infine qui a Cancun, dove ero già stato una quindicina d’anni fa e camminando non riesco a capire se me la ricordavo o se la confondo con altre città turistiche fatte con lo stesso stampino, magari in un altro continente o pianeta. Di davvero bello c’è solo il mare, persino le spiagge sono quasi tutte finte, la sabbia l’hanno portata da altrove. Altro problema: per raggiungere la spiaggia bisogna spesso passare attraverso lussuosissimi alberghi pieni di gringos(*) e la tentazione di piazzare una bombetta purificatrice è grossa. (Per i fedelissimi fan del ministero dell’interno: trattasi di “ironia”, cercatela sul dizionario, i-ro-nia, alla lettera I. Forza e coraggio, ce la potete fare!).

(*) Gringos è il modo con cui in Messico e Centro America chiamano gli statunitensi. Viene da “green go” rivolto ai marines.

 

La chiesa di Chamula, vicino San Cristobal, fra i più suggestivi luoghi visitati durante questo viaggio. All’interno, il sincretismo fra la religione cattolica e le antiche usanze maya è evidente. Purtroppo non si potevano fare foto.
Buia, spoglia di decorazioni – le uniche sono grossi fiocchi di tela colorati che scendono dal soffitto. Il pavimento è coperto di aghi di pino e candele, intorno a cui siedono e pregano i fedeli, alcuni con galline da sacrificare. Tutt’intorno, tavoli con candele e statue di santi, vestiti spesso con colori sgargianti. Non c’è l’altare e il posto d’onore, centrale in alto, è occupato da San Giovanni, perché la città si chiama San Juan de Chamula. Persino Gesù è messo in una posizione quasi nascosta rispetto a lui, a sinistra.
In seguito, proprio poco prima di partire da San Cristobal, ho visto nel museo della medicina maya che questi rituali hanno regole ben precise, ad esempio il numero e il colore delle candele da accendere a secondo se si tratta di scacciare il malocchio, l’invidia, una tipo malattia o malessere ecc… Riti che si tramandano oralmente da millenni.

 

L’entrata della chiesa.

 

Uno dei tanti acquazzoni di questi giorni.

 

Nativi.

 

Una strada di Oaxaca.

 

Frutta.

 

Dentro il mercato di Oaxaca.

 

Sempre al mercato.

 

Monte Alban, vicino Oaxaca. Per oltre un millennio fu la più importante delle città dei Toltechi. Fondata intorno al 500 a.C., raggiunse nei primi secoli d.C. una popolazione fra i 15.000 e 30.000 abitanti. Fu abbandonata intorno al 750 d.C.

 

Ketty sulla scalinata sud di Monte Alban.

 

Il monastero di Apostolo Santiago, vicino Oaxaca. Ah bellissimo, direte voi. No, che bello, ci manca il tetto! Non l’hanno mai finito. Un po’ tipo la canzone, era bella bella davvero in via dei pazzi numero 0.

 

La spiaggia a Mazunte, vicino Puerto Escondido. L’onda arriva quasi alla mia stanza.

 

Meglio un’altra birretta con gli amici, c’è sempre tempo per il bagno.

 

Di nuovo a San Cristobal. Tre anziane.

 

L’insegna di fronte ad Oventic, il villaggio sotto controllo zapatista.

 

All’entrata gli zapatisti chiedono informazioni generali. A volte si tengono il passaporto durante la visita e fanno domande per capire quanto si conosce dell’ezln. A me, Ketty e Gianluca hanno chiesto solo nome, nazionalità e professione e ci hanno fatto entrare dopo qualche minuto. Comunque, in caso, eravamo preparatissimi.

 

Gli zapatisti prendono il nome da Emiliano Zapata, un leader della rivoluzione messicana del 1910.

 

Signora e bambino.

 

Scuola elementare zapatista.

 

Una bimba al villaggio.

 

Altra bimba.

 

La felicità non viene da sola, si conquista!

 

Scultura davanti alla cattedrale di Campeche.

 

Una strada di Campeche.

 

Messico e nuvole.

 

Rispondo ai commenti.

Ciao Giovanna! Sì, il Messico è davvero un posto speciale.

Ciao Piergiorgio2! Non diciamo fesserie, il campionato lo vince uno solo, quindi impegnati a scrivere uno strepitoso commento finale, altrimenti potresti venire sorpassato da Lala all’ultimo minuto, e questo vale anche per Lala ovviamente.

Ciao sovracomandante Peppe! Sì, per le foto ho mantenuto l’entusiasmo iniziale, ma è evidente che c’è un po’ di appallamento nello scrivere. Serve una pausa rigeneratrice.

Per il premio miglior commento, quello che mi è piaciuto di più è quello di Peppe, ma le regole parlano chiaro: le critiche negative non vincono. Poi c’è Piergiorgio 2 che però pare non voglia andare in testa e l’accontento. Il premio va allora a Giovanna!

Allora alla prossima, mi raccomando tutti presenti per l’ultima puntata. El pueblo unido jamás será vencido!

10 thoughts on “A Oaxaca, Mazunte, nel villaggio zapatista di Oventic, Campeche e Cancun

  1. Grande Dekaro! Come al solito mitico resoconto di un viaggio in posti meravigliosi.
    Comunque un giorno scoprirai, che quello che cerchi è dentro di te, del resto sei tu il più grande.
    Grazie all’ultima cronaca ho capito a chi si è ispirato Camilleri per il suo personaggio (altro che Manuel Vázquez Montalbán): “Pronto! Monte Alban sono!”.
    A dire la verità hai visitato anche località molto povere, dove la gente non può condire i piatti (da cui il nome “Puerto Escondido”).
    Devo purtroppo correggerti, il nome zapatisti deriva dall’attività agricola diffusa nella regione, per cui quando domandi ad un abitante: “Cosa fai?”, risponde sempre: “Zappo!”. Pratica che i contadini esercitano indossando sempre un passamontagna per ripararsi dagli impietosi raggi di sole.
    Anch’io una volta ho visto un ezln è un animale mansueto, che però ha bisogno dei suoi spazi. Scherzo so perfettamente che cos’è…allora dicesi ezln… la sigla di un sindacato: “Per domani è stato indetto uno sciopero dalla CGIL, CISL e UIL EZLN e li mortac…” … lasciamo stare.
    Se torni qualche volta a Varsavia sarai accolto dal subcomandante Marco, senza la “s” e senza il cavallo…ehm… la macchina che per ora è rotta.
    Mah per consolarci non ci rimane che ballare una Mazunte… una Mazurca.
    Qui dal Viminale è tutto! Ti ripasso la linea!

  2. Mi serbo il commento per l’ultima puntata! Pausa rigeneratrice per tutti…

  3. porca miseria, scopro questo blog da poche settimane e ormai è già alla fine!!!!
    aspetterò il tuo prossimo viaggio!!!